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Il pargolo ed il suo grande fratello (ovvero: privacy Vs. esibizionismo)


ATTENZIONE:
questo post non parla del fratello di sangue del pargolo (per intenderci, quello che compare nello stato di famiglia), noto organizzatore di eventi nel messinese e del quale, recentemente è ricorso il genetliaco (anzi a proposito: ciao Checco, auguri Checco!).
Il grande fratello in questione somiglia piuttosto alla guardona entità televisiva brutalmente plagiata dal libro profetico di Orwell. –per la serie: maledetti autori televisivi!-


Da brav’uomo del suo tempo il pargolo non dispregia la visione del grande fratello. Insomma, per partito preso, non puoi evitare qualcosa che, nel bene o nel male, ormai è entrato a far parte del costume di questa epoca: è fondamentale condividere certi modelli “cul-turali” (sì, facce da culo intendo) se vuoi interagire alla pari col popolo e non rischiare di vivere lontano dalla contemporaneità: piaccia o no il terzo millennio è anche grande fratello. Sigh!
Il grande fratello, di base, non può considerarsi una trasmissione particolarmente bella (se non per la presenza di qualche effimera bellezza femminile) anzi, dopo tanti anni, è diventato alquanto prevedibile, noioso e banale. Epperò diventa molto interessante nel momento in cui suscita in chi lo guarda (vedi il pargolo) diversi spunti di riflessione. Dapprima, la sintomatologia di queste riflessioni profonde non è molto chiara e generalmente si manifesta sottoforma di “inturciuniamento” di budella – ovvero riflessioni dalle interiora…-, nausea e talvolta impeti di rabbia immotivata con disastrosi effetti sull’acidità di stomaco.
Quello che, personalmente, meno si tollera di quel programma sono le emozioni di plastica (ma niente a che vedere con la poesia della Consoli o dei Radiohead!): tutto lezioso, tutto come se ci fosse scritto che devi ridere o piangere e ti fosse assolutamente vietato comportarti in maniera normale. Entri in una casa? È bella? Mica ti metti ad urlare! Ti presenti ai tuoi coinquilini? Non li conosci? Ed allora che gli salti al collo e li baci se mai lo avresti fatto con la gente che normalmente incontri per strada? Pensa se facessi così il giorno in cui ti presentassero la tua nuova coinquilina, che so, quando prendi casa in affitto durante il periodo dell’università: o ti prenderebbe per matto, o ti prenderebbe per uno stalker: in ogni caso non la prenderebbe bene – Magari ti direbbe: “ehi tu porco levami le mani di dosso”-. Ma tralasciando queste considerazioni terra terra, i classici del tipo “ma andatevene a lavorare”, i falsi moralismi (che ci rendono del tutto simili agli abitanti di quella casa), il fatto che una trasmissione televisiva che ti ponga nelle condizione di fare delle scelte sbagliate, di comportarti male, di farti uscire dai gangheri per il solo gusto di criticarti e farti giudicare (inteso come tu che giudichi gli altri e gli altri che giudicano te in un immenso bestiario in cui i buoi danno continuamente del cornuto agli asini) sia assolutamente cattivo, spietato e degradante, la mente contorta del pargolo si inerpica per calli impervie, e si interroga: perché, da un lato, politici e non fanno di tutto per proteggere la propria privacy, mentre la gente della strada non vede l’ora di mostrare le proprie natiche e di pomiciare davanti alle telecamere? Perché: da un lato c’è la totale assenza di vergogna, gente che firma una liberatoria per disfarsi della propria privacy pur di finire alla ribalta, dall’altro c’è invece chi si vergogna di essere quello che è (e non quello che appare) e che della privacy finisce per fare uno scudo legislativo dietro il quale, queste persone all’apparenza normali e tranquille cercano di nascondere comportamenti poco nobili, sportivi o decorosi. I politici, che hanno tutti paura di essere spiati (pensiamo al discusso decreto sulle intercettazioni…), ne sono solo l’esempio più lampante. E non perchè gestiscano chissà quali importanti segreti, ma perchè nel loro privato vien fuori tutta la loro ipocrisia.
Forse io sono più scemo di quello che credo di essere, ma penso che: se non hai nulla da nascondere a che ti serve la privacy? Ti serve solo il pudore, nei sentimenti così come nei bisogni. Nient’altro. Chi invece ha amanti, paga o prende tangenti, fa le corna alla moglie, violenta bambini o pippa di coca, etc. ha bisogno di invocare la privacy per tutelarsi. Ed anche la vicenda Wikileaks, se vogliamo, ci sta suggerendo qualcosa in merito…
Ad ogni modo, dicevamo, questa palese contraddizione tra la voglia di apparire e la voglia di nascondersi manda in crash il sistema operativo del pargolo che, dall’alto del suo vivere atarassico, non concepisce il senso di tanto agitarsi. Il pargolo, grazie al cielo, è un privato cittadino dalla vita trasparente come pochi. A tal punto trasparente che lui il grande fratello se lo è fatto in casa e vive da tanti anni, quotidianamente, il suo personale Truman show!
Vengo e mi spiego.
Il pargolo ha un modo di parlare sguaiato, nel senso che lui non parla: urla. -Che ci vuoi fare è un pargolo, è solo un modo di attirare l’attenzione- In questo modo, anche chi non fosse interessato ai cavoli suoi finisce per farseli.
Il pargolo vive in una casa con le pareti di cartongesso. Anche in questo caso, chi non volesse farsi gli affaracci suoi finisce per conoscerli. E per di più possono sentirlo mentre canta senza ritegno, impreca, rutta, parla con se stesso (tipicamente insultandosi).
Il pargolo nella sua mansarda/camera da letto ha una finestra all’altezza del pavimento, con la serranda rigorosamente alzata. Ciò ha come conseguenza che, se cammina per casa in mutante, dalla strada di sotto si vedono le mutande del pargolo che camminano ritte su due gambe pelose; se stira o scopa per terra dal palazzo di fronte vedono il pargolo che stira o che scopa per terra. Alla sera, infine, complice l’ombra che si disegna sulla tendina, il pargolo regala emozioni forti a tutte le extracomunitarie di Yeahsi, producendosi in un flaccido striptease prima infilarsi il pigiama. E vogliamo pure parlare del suo fantastico pigiama con le uova poliziotte?
A casa del pargolo, quindi, tutto si svolge alla luce del sole o al chiaro di luna, nella più totale tranquillità.
Se poi non dovesse bastare tutto quello che già offre la vita reale, allo sputtanamento delle azioni si unisce anche l’autosputtanamento mediatico di pensieri ed episodi bizzarri di vita, bellamente sparsi sui vari blog che gestisce. In fondo l’autosputtanamento è uno straordinario modo per non prendersi troppo sul serio, offrendosi autonomamente come bersaglio a dei perfetti sconosciuti, nonché a se stessi priam che sia qualcun altro a farlo.
Per chi vedesse tutto ciò come una forma di prostituzione beh in fondo il pargolo vorrebbe essere di tutti, quindi sì. A chi invece lo vedesse come un modo per sminuire o banalizzare se stesso direi che è fuori strada. In fondo, nonostante tutti sappiano o per lo meno possano sapere tutto o quasi di me, sono solo in pochi a conoscermi veramente. Perchè è difficile starmi dietro e tenere le fila di tutti i miei pensieri strampalati. Chi mi conosce non ci prova nemmeno. È invece la sympatheia, il sentire allo stesso modo, che mi avvicina a certe persone. Ed è per questo che, anche se arrivassi a raccontare tutto, ma proprio tutto, di me, rimarrebbe ancora tanto di mio, proprio nel mio modo di vivere e di sentire, che sarebbe solo mio, privato e personale, talmente personale da riuscire ad essere condiviso solo con le persone che veramente amo (e che quindi sentono me come io sento loro – tutto ciò ha anche un che di mistico e religioso, ma non mettiamo troppa carne al fuoco-). In questo modo non c’è ne’ mai ci sarà il rischio di derubarmi della mia privacy.
E poi, ribadisco: se non fai nulla di cui vergognarti perchè vergognarsi? – anche se in effetti, a rileggere il post e il resto del blog, il pargolo avrebbe parecchio di cui vergognarsi… Ma consideratelo alla stregua del bimbo di pochi anni che fa la pipì sulla spiaggia con tutto il dindondero di fuori, per la serie: so’ ragazzi!-
In questo modo il pargolo, oltre a non doversi porre eccessivi problemi su come comportarsi in pubblico (e quindi non rischiando di risultare ipocrita nella vita di tutti i giorni), soddisfa anche la sua (in)sana voglia di mettersi in mostra. Perciò, tutto sommato, quando in tv si trova a vedere quei bellocci senz’anima mimare se stessi (perchè loro cercano di comportarsi così come credono di doversi comportare in una situazione del genere), prova un po’ di disappunto pensando che lui, al loro posto, sarebbe decisamente più spettacolare (e chi lo conosce può testimoniare quanto lui possa essere spassoso e palloso allo stesso tempo). Se pensa a quanto talento e quante potenzialità ancora inespresse ci sono in lui, il pargolo non ce la fa proprio a guardare dei cretinetti senza arte ne’ parte destinati a diventar famosi.
Tutto questo ha un che di profondamente ingiusto.
Ma in fondo chissenefrega: non sarebbe certo questo tipo di giustizia da andare cercando. Il pargolo, dal canto suo, preferisce accontentarsi della sua morning glory e ritenersi enormemente appagato dal suo show quotidiano nel quale si improvvisa intrattenitore della gente comune, degli amici, dei parenti, dei bloggers e dei pedoni che passano sotto casa…

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riflessioni a mente calda

Sono centinaia le ragazze violentate e a nessuno sembra interessare. La morte in questi casi penso sia il male minore…
La questione che devrebbe far riflettere è che l’insospettabilità di chi commette crimini orrendi, come questo e come tanti altri, non solo è il sintomo di una società alla deriva (e di un male del vivere radicato ormai dappertutto), ma del fatto che nessuno, noi compresi, può considerarsi immune dal commettere un qualunque gesto insanamente folle.

Chiunque può (e non sto dicendo deve) perdere il controllo. Persino il Dalai Lama. E’ nella natura umana e non si cambia. Sono del parere che i 5 minuti in cui non si capisce niente posso capitare a TUTTI. Ribadisco: possono, non devono.  E non sto parlando per forza di stupri o omicidi, ma possono essere anche più banalmente lanciate di coltelli, botte da orbi, tradimenti di amici, fratelli, mogli etc… Anzi motlo cinicamente vedo la morte come liberazione dal peso di una sofferenza ingiusta specie se poi, come diceva Epicuro: quando ci siamo noi non c’è la morte e quando c’è la morte non ci siamo noi.

Se muore qualcuno a me dispiace per me mica per lui. Si lo so sembra troppo cinico, ma è la realtà. Se poi ci hai pure una prospettiva trascendente e allora sto discorso vale 2 volte.


Ma tornando alla cronaca… Questo zio sembrava normalissimo… Tutti dicevano che era normalissimo… Non era ne’ un violento ne’ un pedofilo. Adesso “si dice”, ma è tutto da vedere.

Purtroppo bisogna arrendersi di fornte alal constatazione che la cattiveria non è una malattia, è cattiveria. E’ lucida. E’ “sana”. Malato è invece lo stupratore o il serial killer cioè chi ha dei comportamenti sistematici.
Il raptus di solito coglie la gente comune, che si considera normale e che proprio perchè si considera incapace di gesti efferati finisce col compierli, giacchè confida troppo nella propria sanità.

Perciò io continuo a sostere la mia tesi di un ‘lato oscuro della normalità’ secondo cui non per forza occorre essere malati o pazzi per compiere gesti folli.

La malattia, in CERTI, casi è solo un alibi o un pretesto per non arrendersi all’idea che le fatalità esistono così come pure la cattiveria.

-e fu così che cominciarono ad accusarmi di delitti irrisolti e sparizioni misteriose…-


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